Antonio Scurati - M. Il figlio del secolo - Bompiani
Le recensioni in LIBRIrtàA cura di Domenica Blanda (Alias Anna Cavestri)
La prima, fondamentale considerazione che mi viene da fare sul libro di Scurati su Mussolini, non può che essere un apprezzamento. M. Il figlio del secolo sta facendo discutere molti, e non sono pochi quelli che lo apprezzano: cosa non scontata per un libro che parla di storia, anche se ostenta fin dalla sovra-copertina (ma non in copertina) l’indicazione «romanzo». Va detto che, non si tratta di un sottotitolo vero e proprio, tant’è che non compare nel frontespizio.
Sul verso, in compenso, cioè nella pagina del copyright, un’avvertenza non titolata di cinque o sei righe propone la definizione di «romanzo documentario». Fatto sta che grazie a Scurati un cospicuo numero di lettori si sono trovati a rinfrescare le proprie nozioni su vicende decisive della storia italiana del secolo scorso. Forse.
L’effetto culturale complessivo è quindi secondo me positivo. C’è stato, l’intervento critico di Ernesto Galli della Loggia, (Il romanzo che ritocca la storia, «Corriere della Sera», 13 ottobre) che ha contestato a Scurati alcuni errori.
Nella sua risposta, pubblicata quattro giorni dopo, Scurati li ha ammessi quasi tutti. Gli errori (quegli errori) sono errori e basta. Si parla di dettagli. Incresciosi finché si vuole, ma dettagli. Ben diverso sarebbe il discorso se a Scurati venissero imputate distorsioni nella presentazione delle grandi questioni storiche, se, per esempio, gli fosse mossa l’accusa di aver fornito un’immagine non attendibile del clima politico durante il biennio 1919-21, o di aver falsificato le dinamiche interne al movimento socialista, o di essersi inventato la psicologia del personaggio di Mussolini.
Ma questo non è avvenuto. Insomma, Scurati propone una ricostruzione della storia che certo sarebbe ingenuo definire tout court veritiera ma che nella sostanza si attiene a quanto sostenuto da studiosi accreditati e autorevoli.
Il libro, che, come già detto, preferisce qualificarsi come romanzo, o romanzo documentario, anziché come biografia, percorre un arco temporale di poco più di 5 anni, cioè dalla fondazione dei Fasci di combattimento (23 marzo 1919) alla rivendicazione del delitto Matteotti (3 gennaio 1925), da cui prende avvio la vera e propria dittatura.
Sui 36 anni precedenti (Mussolini nacque nel 1883), le informazioni sono succinte. La narrazione è segmentata in brevi capitoli, ciascuno dei quali contrassegnato dal nome di un personaggio (in pochi casi da due), da un luogo e una data, fatta salva una decina di casi in cui c’è solo un’indicazione generica di luogo (Milano, Fiume, Ferrara, Napoli, Roma).
Attorno ai due nodi principali della storia, poi - marcia su Roma, 24-31 ottobre 1922, e assassinio Matteotti, metà giugno 1924 - la scansione si fa più fitta, la registrazione più circostanziata (ad esempio: Milano, via Lovanio, 27 ottobre 1922 // Sede de Il Popolo d’Italia, ore 2.40), senza nomi di persona, ma con titolazioni interne (In marcia; Cento ore terribili, A qualunque costo, Il paese opaco, Cloroformio, Il cadavere, Precipizio, Palude, La muta).
I segmenti focalizzati su un personaggio sono comunque oltre un centinaio. In poco meno della metà dei casi si tratta di Benito Mussolini; quindi seguono, intorno alla decina di occorrenze, Giacomo Matteotti, , Italo Balbo;, Nicola Bombacci, Margherita Sarfatti, Gabriele d’Annunzio.
Ogni segmento è seguito da una breve appendice, che riporta citazioni da articoli, lettere, telegrammi, documenti vari. Nei brani di apertura e di chiusura, Mussolini parla in prima persona; in tutto il resto del libro è condotto da un narratore esterno, che in genere si attiene alla relazione dei fatti, ma a volte lascia trapelare un chiaro giudizio.
Si veda ad esempio il brano identificato con Nicola Bombacci "Roma, 1 dicembre 1919 Montecitorio", dedicato alla prima seduta del Parlamento dopo le elezioni che hanno registrato un’affermazione straordinaria del partito socialista.
All’arrivo di Vittorio Emanuele III, mentre tutti si alzano gridando «Viva il re!», i socialisti rimangono seduti; e quando prende la parola, escono dall’aula. La scena è memorabile, il suo effetto teatrale forte. I deputati dissidenti, usciti all’aperto sulla piazza di Montecitorio, si rallegrano, si congratulano e si abbracciano a vicenda. Le loro risate sono genuine, spensierate. Il sogno di una vita libera e giusta si avvera. La gioia dura qualche istante.
Poco dopo, onorevoli e senatori si accorgono con sgomento di non avere nessun progetto per il resto della giornata. I socialisti hanno conquistato l’Italia ma non sanno che farsene. Poiché quegli uomini non sanno che fare, vengono picchiati. Cominciano a picchiarli già nel pomeriggio, bande di nazionalisti... (pp. 153-154).
Ogni segmento del racconto è una scena, e una scena particolare; del passato vengono recuperate poche notizie indispensabili, e non c’è alcuna anticipazione riguardo agli sviluppi futuri. Il carattere frammentario del racconto, richiede una lettura impegnativa, parliamo di un libro di oltre ottocento pagine.Una maggiore sintesi avrebbe anche, a mio avviso , consentito di mettere in maggior risalto il sistema dei personaggi.
Se il glossario conclusivo, privilegiando l’informazione storica, individua quattro categorie (Fascisti, fiancheggiatori e affini; Socialisti e comunisti; Liberali, democratici, moderati e uomini delle istituzioni; Parenti, amici e amanti), sul piano narrativo si delinea una struttura sostanzialmente ternaria. Al centro il protagonista, nucleo e perno della vicenda. Attorno a lui si dispongono tre gruppi di personaggi: gli antagonisti, gli alleati, le donne. Al primo appartengono Matteotti, l’unico oppositore autentico, Nicola Bombacci, avversario inadeguato che finirà per diventare suo seguace, e per certi versi lo stesso d’Annunzio, modello rapidamente superato e accantonato. Il secondo comprende sostenitori e adepti, più o meno fedeli e suscettibili di diventare rivali: Italo Balbo, Dino Grandi, Amerigo Dùmini, Roberto Farinacci (più avanti ne arriveranno altri, come Rodolfo Graziani e Galeazzo Ciano).
Il terzo è qui rappresentato soprattutto da Margherita Sarfatti, amante e ispiratrice, che rispetto al futuro duce riveste un ruolo quasi di pigmalione (ben diverso sarà, dopo la sua caduta in disgrazia, il ruolo di Claretta Petacci).
Scurati ha lavorato tanto, in primo luogo sul versante dell’informazione storica, e questo suo lavoro merita rispetto e riconoscenza, a dispetto degli errori che ci sono. Ma forse, secondo me, non ha lavorato abbastanza preferendo puntare sulla quantità e non sulla concisione.
Non è un romanzo facile , tristemente rimanda a situazioni molto attuali, a cui stiamo assistendo nel panorama politico nazionale e mondiale.
Titolo: M. Il figlio del secoloAutore: Antonio ScuratiEditore: BompianiPagg.: 848Prezzo: € 24,00