L'editoriale
di Letizia Cuzzola
Reggio Calabria
Giovedì 19 marzo 2020.
Non comprendiamo il valore di un momento finché non diventa un ricordo, finché quel ricordo non si affaccia alla memoria esplodendo come una gemma. È quasi primavera ma forse non ce ne accorgeremo. Non ce ne accorgeremo al chiuso delle nostre case, del nostro rifugio in un momento di guerra che guerra non è. Ma siamo in lotta con un nemico che non vediamo. E allora costruiamo trincee con le nostre pareti, prendiamo le distanze dalle persone che amiamo e che proteggiamo con quelle stesse distanze. Tutto, in questo momento, è il contrario di tutto. Diciamo ‘ti voglio bene’ stando lontani e quel metro che diventa chilometri dice quanto è grande il nostro affetto: più ti tengo alla larga più ti amo.
E ci telefoniamo, ci affacciamo ai balconi e cantiamo come i giocatori di rugby prima di scendere in campo. Trasformiamo la paura in note, in inni e in gesti, sbracciate che se mi alzo sulle punte dei piedi mi vedi pure tu che non so chi sei. Ma siamo tutti insieme, ognuno al proprio posto di combattimento e non importano i nomi, non importa cosa facciamo e facevamo ché il nemico se ne fotte delle nostre vite, dei nostri conti in banca: non guarda in faccia nessuno.
E allora ci scopriamo fragili anche se abbiamo la fortuna che il nostro compagno di battaglia è accanto a noi ed è la persona a cui teniamo di più al mondo: mamma, papà, nonni. Sono loro il nostro bene più prezioso, quel tesoro da proteggere a ogni costo. Ma scopriamo anche quanto vogliamo bene agli Altri, a tutte quelle persone che ci stavano accanto nella frenesia di ogni giorno.
Ci rammarichiamo di non aver detto tutti quei ‘Ti voglio bene’ che avevamo in punta di cuore e a portata di sguardo, ché a scriverselo o dirselo per telefono non è la stessa cosa. E allora speriamo, speriamo di recuperarli. E lo so che il cuore non tiene la contabilità, che schifa i commercialisti sentimentali, ma non possiamo fare altro: nella lista della spesa segno gli abbracci da dare, quei baci che stanno lì in disparte tremanti, pronti a saltar fuori appena scatterà il via libera e che adesso stanno in attesa come gli ori di famiglia al banco dei pegni.
Abbiamo perso il conto delle ore, del tempo. Ma tutto scorre. Non ci serve più l’orologio e la notte è più stellata. Lo state guardando il cielo, la luce della luna? Io le stelle non le conto ma ne vedo una in più ogni sera e danza, danza sulle note del vicino di casa che tanto vicino non è e che è sempre fuori tempo quando inizia a cantare l’inno. Non so neanche a che distanza stia ma è tutto talmente che fermo che se sto ferma anch’io sento le foglie che si muovono con un respiro di vento.
Arriverà la primavera, forse anche l’estate e porteranno via questo inverno che è stato più rigido degli altri con le nostre Vite. Niente sarà più lo stesso. In meglio o in peggio non è dato saperlo ma sarà diverso. Diverso come quegli abbracci e quei baci che diventeranno i prossimi ricordi e saranno bellissimi. Perché andrà tutto bene.