Il re di carta, pubblicato nella collana Emersioni di Castelvecchi editore, è l'esordio al romanzo dell'abruzzese Maria Elisabetta Giudici. Un esordio prestigioso per l'architetto che ristruttura principalmente appartamenti e ville private storiche, d'epoca ma anche contemporanee. Un esordio in una collana importante, che sta proponendo autori di livello, sino a conformarsi come editore autonomo senza abbandonare il gruppo LIT, dove, incalza l'autrice «Vi sono approdata, inviando il mio manoscritto, assieme ad una decina di altre case editrici. Emersioni è quella che mi ha risposto proponendomi un contratto che ho accettato».
Una ricerca nei meandri della storia, che fonda le radici dal 1861, che l'ha ispirata a scrivere di una “scatola” fondamentale per la salvezza del Regno delle Due Sicilie. Cosa l'ha spinta a tanta ricerca da riproporre in un romanzo?
«Ho scritto il libro casualmente, cercando di appuntarmi un sogno fatto una notte di 10 anni fa (cosa che faccio sempre). A me piace mettere mano alla fantasia ed evidentemente in quel momento ho vagato nel labirinto della fantasia e ne ho estratto alcune foto scattate chissà dove e quando nel corso del tempo che sono diventate un romanzo».
Un passaggio che ha segnato per sempre l'unione dei frammenti che ad oggi formano l'Italia: quali elementi ha privilegiato?
«Vivo in un territorio la cui storia è segnata da due periodi storici (800/900) e dal tema dell’emigrazione. Nell’ottocento in questo territorio si combatteva da briganti per difendere il proprio re dal nemico, nell’800 la fedeltà al proprio re significava vita e nell’800 la condivisione di ideali e l’amore per il proprio territorio di origine erano sentimenti da difendere a qualunque costo.
Il 900 è la seconda guerra mondiale, il cui passaggio furioso ha lasciato ferite aperte nei luoghi e nella memoria. Tutto questo, per me che sono un’”immigrata” da Roma in queste zone, sono elementi così evidenti da far venir voglia di scriverci un libro. Riguardo l’emigrazione, il paese in cui ho scelto di vivere ( San Donato Val di Comino) ha oggi 2.000 abitanti, 8.000 emigrati a Boston».
Dal sogno, agli studi, ma non solo sembrerebbe.
«È vero: l'ho scritto anche per ricordarmi dei viaggi fatti. Con il passare del tempo i ricordi si sbiadiscono e un libro ti permette di renderli vivi per sempre. Un libro generalmente sopravvive al suo autore».
Histonium di Vasto, cosa le ricorda?
«Che i concorsi, se fatti bene, valgono tanto e in questi casi mi piacciono».
Vi ha partecipato?
«Assolutamente e qualche volta ne sono uscita vittoriosa. Con Il re di carta ho vinto il Premio speciale della giuria al premio Histonium di Vasto, ma non solo».
Cioè?
«Con il secondo (in uscita ad Aprile), mi sono assegnata il primo premio agli inediti Aqui Terme 2019».
Torniamo a ciò che emerge dal suo libro. Lo studio approfondito di un argomento che viene romanzato è un impegno non indifferente: crede più alla fiction o alla realtà romanzata? E perché?
«Credo alla realtà romanzata. Quello che cerco di fare è inserire nella Storia (con la esse maiuscola) l’immaginazione del possibile. La fiction non mi appassiona».
Cosa bolle in pentola dunque ad Aprile?
«Come ti ho annunciato, sta per uscire il romanzo storico dal titolo La foresta invisibile edito da Castelvecchi, ma c'è dell'altro sai?».
Cosa?
«Un terzo libro di cui ancora non conosco l’editore».
“I sogni son desideri”, mi sa che lei ne sta concretizzando tanti e in breve tempo.
«Questo è sicuro, se il secondo [sogno/libro] è il viaggio in 100 anni di storia di una collana di corallo dal 1799, anno della rivoluzione napoletana, fino al 1900 anno dell’esposizione universale di Parigi, sulla scia del thriller, l terzo, che è in costruzione sarà ambientato al tempo del Grande Gioco. Uno spy story, ovviamente in quella Storia con la 'esse' maiuscola».