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Speciale Giusy Sciacca. Madri, figlie e sorelle nostre. Siciliane, sempre.

06/05/2021 01:01

Admin

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Speciale Giusy Sciacca. Madri, figlie e sorelle nostre. Siciliane, sempre.

Giusy Sciacca - Virità, femminile singolare-plurale - Kalós - Le recensioni in LIBRIrtà - A cura di Letizia Cuzzola

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Giusy Sciacca

 

 

Virità, femminile singolare-plurale

 

 

Kalós

 

 

Le recensioni in LIBRIrtà


A cura di Letizia Cuzzola

 

    «La Sicilia è femmina. Da qualsiasi angolatura la si guardi». Non ci sono volti in “Virità femminile singolare – plurale” di Giusy Sciacca (Edizioni d’arte Kalós, 2021): ci sono voci e idee, storie che il tempo e il pregiudizio hanno relegato al fondo della memoria di pochi. Donne: madri, figlie. Se stesse.

 

Dee e Sante. Le pagine scorrono come l’acqua della Fonte Aretusa, del mito che apre la narrazione: «Aretusa è il mito dell’insularità, del viaggio e dell’approdo. È anche il mito della ricerca di una fusione perfetta e irraggiungibile». Irraggiungibile come la verità che Aretusa, Demetra e Kore raccontano difficile da scovare fin dalla notte dei Tempi, fin da quando il femmineo ha iniziato a far paura agli uomini, tanto da portarli a compiere gesti estremi, spesso troppo spesso, avallati dalla Legge (che sia di Dio, che sia di altri uomini). Ecco la giovane Lucia che chiede “ciàtu”, quel che resta di lei a Siracusa, mentre vede le sue spoglie sparse per l’Europa, esuli loro, suo malgrado ancora oggi. Santa Lucia, «Matta e visionaria, come le donne che scorgono e osano raggiungere ciò che le attende oltre il solo consentito». Matta e visionaria come troppe volte è definita la grazia del genio che, fortunatamente, non fermò Santa Eustochia, la Santa in piedi, la compatrona di Messina, che ebbe l’ardire di posare per Antonello da Messina e dare il volto alla Vergine annunciata: «Ma non v’è nulla di irrispettoso nel servire il divino attraverso l’arte, perché è Dio a dipingere attraverso la mia mano!»

 

Regnanti e nobildonne. Ho sempre pensato che la frase “Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna” sia vera e che quel passo indietro, che le regole hanno imposto a queste donne, non sia un segno di debolezza o sottomissione ma necessario a mantenere uno sguardo esterno. Fulgido esempio è Damarete di Agrigento, figlia del Tiranno dell’omonima città e sposa del Tiranno di Siracusa Gelone, di cui «Sono stata la tua mappa di orientamento, il cavallo che ti ha condotto, il grido di battaglia che graffiava la tua voce e la spada che infilzava il tuo demone dalla pelle d’ebano». Più di una compagna e di una consigliera, una sovrana illuminata per l’uomo che ha amato e per il suo popolo. Una donna forte, che bene fa il paio con Bint Muhammad Ibn ‘Abbād, superstite al passaggio dalla dominazione araba di Sicilia all’impero di Federico II, che osò sfidare resistendo, rivoltandosi: «Con lo sguardo fiero e il sorriso di chi ha perso combattendo fino alla fine contro la voluttà della conquista: è così che guarda la morte chi ha lottato salvando la dignità e l’onore». Indomita Cleopatra di Sicilia di cui emulerà il suicidio, al contrario della regina di Sicilia e d’Aragona Costanza II: «Di intrighi, tensioni e morte la mia vita è colma, ma di sentimento e devozione altrettanto». Colpisce la voce di Laura Lanza di Trabia, quella Baronessa di Carini su cui tanto si è scritto e fantasticato, la cui «(…) impronta sul muro è la mano di tutti gli uccelli in gabbia, ai quali è negata la liberta dell’amore». L’amore non è mai indecente per definizione, lo diventa quando si infrange contro il muro dello sdegno.

 

Eretiche e peccatrici. «Colpevoli o innocenti, dove sta la virità?». La colpa viene da fuori è lo sanno bene Joana Reyna, la donna di fuora, vittima delle malelingue cui non si piegherà quando verrà accusata di essere eretica. Avvocato di se stessa, si salverà denunciando le sue delatrici. Anna Saragola, strappata dalla Sicilia e condotta in Tunisia, riscattata dalla famiglia si troverà divisa fra la cultura islamica e l’Inquisizione che la taccerà di eresia per quel Mare che le ha fatto conoscere uno dei tanti nomi di quello stesso Dio per cui adesso è giudicata. Dio che si serve dei dèmoni e per cui l’esorcista Delia Digno ha passato due anni in carcere sottoposta a tortura: «La verità è che forse contro il demonio sì, ma con certi masculi né esorcismi e né fatture ci possono!». Ma dove non arrivano esorcismi e fatture arriva Giovanna Bonanno, la vecchia dell’aceto. Difficile riconoscerla nell’accusa di assassina seriale che la condanna alla forca. Giovanna è in bilico sul filo sottile che distingue la giustizia dalla legalità: «io aggiusto la vita di tante povere cristianedde», le libera da uomini violenti con l’arsenico: «Loro non sanno quanto era importanti il servizio sociale che ho sbrigato per voi e le vostre case! E quanta malacarne vi ho levato davanti!». No, non lo sanno perché: «Continueranno a bastonarvi, accoltellarvi, a rovinarvi la bedda facciuzza senza ragione. E soprattutto senza punizioni! Anzi, vedete? Sempre nostra sarà la colpa, pure se ci ammazzano!»

 

Innovatrici e rivoluzionarie. Donne coraggiose, che non dimostrano alcun timore di mettersi in gioco anima e corpo per la politica, per le lotte di classe, con tutti gli strumenti a loro disposizione: dal fascino ai cannoni… Macalda di Scaletta pagherà per la sua bellezza e il suo anticonformismo, per il suo andare contro le regole come Maria Paternò, la prima donna divorziata in Sicilia, nel Regno delle Due Sicilie… donne che hanno creduto nei sentimenti e li hanno resi duttili. Donne dalle spalle larghe, consapevoli di ciò che volevano e disposte a ogni sacrificio per sé e gli altri, come Maria Pizzuto Cammarata, che alla fine dell’Ottocento si fece portavoce delle Fascianti al primo congresso dei Fasci dei Lavoratori di Palermo, ben consapevole di essere solo una goccia: «Eppure di tante e tante gocce come queste è fatto il mare in tempesta. Gocce che cadono tutte a testa in giù e che a un certo punto cambiano direzione sotto una ventata più forte». Una goccia che scava e che unita alle altre diventa pioggia perché Maria ai suoi figli vuole lasciare la dignità e lo fa dando voce alle altre donne con la schiena spezzata dalla fatica: «Una femmina da sola è folle e oltre alla miseria si chianci i conseguenzi, ma tante femmine folli sono rivoluzione e cambiamento!». E il cambiamento fa paura, se non avviene, allora meglio occultare tutto, relegarlo a un sottoscala come è accaduto a Giuseppa Bolognani, Peppa a cannunera, una veterana di guerra mi verrebbe da scrivere perché Peppa è stata un valoroso soldato, non fosse che «La memoria è corta già all’indomani e amaru cu mori e cu si sacrifica»

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Artiste, letterate e donne di scienza. Nina Ciciliana fu la prima rimatrice in lingua volgare di Sicilia ammessa alla Scuola della corte di Federico II, ma i libri scolastici non la ricordano, fu «l’Accademia della Crusca che invece le riconobbe il merito di essere tra i fondatori della lingua italiana». Versi d’amore quelli di Nina o di Mariannina Coffa, poetessa risorgimentale, pari all’amore per l’umanità che ha contraddistinto Virdimura de Medico, la medichessa, o l’amore per la vita di Anna Maria Scarlatti, la diva. E sono sue le ultime parole che cito: «Tu paga per te stesso, ai miei conti ci penserò io quando sarà il momento, perché anche questa vita avrà da render conto a me quando calerà il sipario». Ma a volte càpita che il sipario si riapra e abbia una penna delicata e aggraziata, quale quella di Giusy Sciacca.

 

Per qualche istante ho pensato che il voto da dare a questo tesoro fosse un Grazie. Grazie per aver immaginato le parole che queste donne hanno soffocato in gola e avercele rese. Grazie per aver riportato alla luce le loro vite, testimonianza della normalità che può diventare peccato, eresia, sofferenza o morte nella banalità del male che le ha giudicate colpevoli per non averle comprese nel loro essere un passo avanti. Ma la Sicilia è femmina e, come tale, sa perdonare.


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L'autrice

Nata a Lentini, vive tra Roma e Siracusa. Scrive di libri per diverse testate giornalistiche. Ha pubblicato Domani è un altro giorno, Siciliani per sempre. Suoi contributi sono contenuti in TINA. Storie della Grande Estinzione, L'Isola delle tenebre e altre antologie. È del 16 aprile Virità, femminile singolare-plurale, uscito per Kalòs. È ideatrice e curatrice del premio di poesia “Sonetto d’Argento Jacopo da Lentini”. Sicula convinta e irriducibile.

 

Il libro

Titolo: Virità femminile singolare – plurale

Edizioni: Edizioni d’arte Kalós

Pagg.: 224

Prezzo: € 14,00

Valutazione: Bellerrimo