A cura di Paolo Pera
L’opera di Marco Galvagni, Dieci dolcezze (puntoacapo Editrice, 2020; che poi sono molte più di dieci…), parrebbe un trionfo di sperimentalismo lirico e classicheggiante nel quale l’autore s’impegna a consegnarci ogni sua visione e/o reminiscenza sentimentale ed erotica, entro una vasta sublimazione della sua (non più solo angelica) donna.
Come sostiene il critico Mauro Ferrari, quest’opera si distingue per una «straordinaria unità espressiva»: fondamentalmente ogni composizione ripercorre il medesimo clima mentale; talvolta tornano pure alcune immagini-simbolo dell’amore del poeta… Il tutto pare allora un continuum, quasi un’immensa meta-poesia che termina solo nella notte d’amore (ogni notte, insomma). Il libro deve dunque essere un lunghissimo sogno – dai contorni tanto sfumati – dal quale Galvagni non vuole sortire, per poter così godere appiano quel piacere (d’amore, e in ogni forma!) assai volatile e già disperso.