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La magia della penna di Kader Abdolah nei sentieri percorsi da tre donne solo con le babbucce gialle

23/01/2021 23:01

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La magia della penna di Kader Abdolah nei sentieri percorsi da tre donne solo con le babbucce gialle

La magia della penna di Kader Abdolah nei sentieri percorsi con le babbucce gialle da tre donne - Iperborea - A cura di Salvatore Massimo Fazio

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Kader Abdolah

 

 

 

Il sentiero delle babbucce gialle

 

 

 

Iperborea

 

 

 

Le recensioni in LIBRIrtà


A cura di Salvatore Massimo Fazio

 

Kader Abdolah racconta la storia di Sultan Farahangi, famoso cineasta iraniano che come lui è un rifugiato politico in una fattoria olandese. Sultan, conosciuto Kader, sapendo che è un grande scrittore anch'egli dissidente del regime iraniano del dopo Reza Palhevi, a lui affida un manoscritto molto disordinato perché ne faccia un racconto sulla sua vita. Kader accetta trovandosi innanzi a un gran numero di fogli dove Sultan narra il suo vissuto. Iniziando da ragazzino, figlio di commercianti di zafferano, cresciuto sotto le ali protettive del nonno paterno, dei genitori e della famiglia dello zio, quest'ultima composta dalla moglie di questi e dalla cugina Akram Jun. Momenti fanciulleschi aprono alle cure della madre che lo portava spesso nei bagni collettivi e con stratagemmi lo introduceva nella zona dedicata alle donne; ma col tempo quello che era un ragazzino cominciava a crescere e con lui le difficoltà che la madre doveva gestire con grande imbarazzo: dalle donne che non accettavano che il giovane si spogliasse davanti a loro e dallo stesso che mostrava pudicità. Donna forte di matrice classica matriarcale, con un difetto alla gamaba che la faceva zoppicare quando camminava er la madre; il padre un mite uomo che aiutò l'amata moglie correggendo questa piccola imperfezione fabbricandogli un paio di babbucce gialle che, con misurazioni diverse l'una dall'altra, permetteva alla donna di camminare quasi normalmente. Il giovane Sultan, crescendo sempre più, si accorgeva di avere una forte predisposizione per tutto quanto orbitasse in ambito cinematografico. Riuscì ad avere una piccola macchina fotografica che gli permise di esercitare quella che per lui fu più che una passione. Nello stesso tempo aiutava la cugina, che più grande di lui e essendo una delle poche donne che aveva studiato l'inglese, fondò una scuola per ragazze alle quali insegnava la lingua anglosassone. Le lezioni si svolgevano con grande successo nel cortile del castello residenza della famiglia di Sultan. Il ragazzo, proseguiva il percorso di maturità, con la benedizione del nonno e dei suoi Jinn (creature misteriose menzionate nel Corano simili ad angeli per i cattolici) che lo guidavano fin da piccolo quando aveva avuto delle esperienze negative: in merito a ciò emerge che Sultan subì un tentativo di violenza da parte di un giovane figlio di un macellaio, esperienza che lo aveva fortemente segnato. Se non fosse stato per una buona tenuta psicofisica che il suo jinn gli aveva dato, non avrebbe saputo fronteggiare l'accaduto. Ma nella vita di Sultan appare pure la figura di Hushang Braccio Mozzo, feroce bandito che rappresentava la legge a modo suo come una specie di padrino della malavita nostrana. La figura di quest'uomo si rivela molto importante per il giovane che, grazie alla sua intelligenza, viene ingaggiato nell'azienda di Hushang, dove si producevano gelati confezionati su ricette degli americani. Si chiamava Hushang Braccio Mozzo, perché durante una violenta colluttazione, rimase gravemente ferito al braccio destro tanto da constringere i medici ad amputarglielo. Hushang che aveva uno spiccato senso degli affari era un tipo molto violento, anche in famiglia, tanto da trattare la sua terza moglie come un oggetto alla sua mercè. Sultan si presentava con eleganza e intelligenza e aveva colpito il cuore di quest'ultima. Fortunatamente il buon senso di entrambi fece sì che non accadesse nulla di amoroso tra i due, tant'è che la ragazza fuggì dalle angherie del marito ma anche dal rischio del peccato. Frattanto il Paese sempre sotto l'influenza degli americani, con il beneplacido della famiglia reale, cominciava ad avere una sua modernizzazione: la cugina Akram Jun, ad esempio, riscuoteva un grande successo con la sua scuola, invogliando le sue allieve a vestirsi in maniera occidentalizzante e lei stessa esibiva qualche gonna un pò succinta, che per il popolo era quasi una minigonna. Un giorno Braccio Mozzo andò a cercare Sultan a casa sua per dargli delle commissioni, quì incontra Akram Jun e fra i due scoppia una scintilla amorosa. Ne nasce una storia passionale che, a causa del comportamento molto aperto della donna, come quello di far tardi la sera, 'permise' a un gruppo di nemici di Braccio Mozzo di rapirla e violentarla, recando così uno sfregio al loro acerrimo nemico.  Dopo il ritrovamento della donna e saputo delle violenze subite, si scatenerà la vendetta di Braccio Mozzo, che aiutato da Sultan e attravero una ricerca tra le montagne riesce ad individuare il nascondiglio dei banditi; qui Braccio Mozzo chiede a Sultan di andarsene, per non coninvolgerlo in ciò che poteva accadere. Il giovane rifiutò e purtroppo assistette alla ferocia dell'amico che si vendicò. Naturalmente non scendiamo nei dettagli, perché si perderebbe il piacere della descrizione di una battaglia cruenta che si conclude con una morte violentissima degli abusatori della donna. Fatto ciò, Braccio Mozzo, recuperò la sua amata e con un taxi scapparono, facendo perdere le loro tracce. Frattanto Sultan incominciava ad addentrarsi nel mondo del cinema, dove spiccava la sua innata predisposizione per questo mondo. Inizia con dei cortometraggi, conosce un'attrice con la quale instaura un rapporto passionale molto fisico, questi attivista di un movimento rivoluzionario contro il Sovrano, lo coinvolge in una pericolosa azione dopo averlo presentato al capo degli insurrezionaisti. Grazie alla commissione ricevuta dalla Regina Farak Diba per filmare l'incoronazione del coniuge Reza Palhevi, Sultan con gli insurrezionalisti riuscì a sequestrarla anche se in verità, aveva accetto a malincuore di organizzare il rapimento della reale, ma spinto dalla sete di giustizia e libertà per il suo popolo agì. Durante i suoi turni di guardia alla carcerata sovrana, questa lo (s)degnò di un colloquio intinto di disprezzo per aver tradito al sua fiducia. Nei giorni della prigionia, Sultan, accortosi che la regina camminava scalza, perché le scarpe elganti che aveva quando la rapirono le creavano difficoltà, le confezionò un paio di babbucce gialle come quelle che il padre aveva realizzato per sua madre. La regina non si degnò neanche di guardarle ma dopo che fu liberata, Sultan si accorse che le babbucce erano sparite, probabilmente aveva apprezzato il gesto. La violenza del re fu immediata e veloce nel vendicarsi. I rastrellamenti nella ricerca dei rivoltosi fu capillare, Sultan fu uno dei primi ad essere arrestato e dopo aver subito delle torture con un sommario processo fu condannato a morte come tantissimi altri rivoltosi. Dopo un po' di tempo grazie al fatto che Sultan rappresentava un uomo di grande cultura e quindi la sua vicenda conosciuta in tutto il mondo, la sua condanna fu tramutata in ergastolo, cosa che lo portò a vivere in ambenti a limite della sopravvivenza. Passarono dieci anni e nel Paese una rivolta popolare religiosa costrinse i sovrani alla fuga e agevolò il ritorno del capo spirituale religioso: il vecchio patriarca Khomeini. Le carceri furono svuotate da tutti i dissidenti e Sultan riconquistò la libertà.

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Ma i poveri combattenti appena liberi si accorsero di essere caduti dalla padella alla brace. Il regime religioso impose delle ristrettezze che penalizzavano in primis le donne alle quali fu imposto di portare il velo e di coprirsi fin sotto le cavglie; i cinema furono chiusi tanto che era permesso soltanto girare filmini per la tv di Stato che inneggiasse alla religione degli Ayatollah e del loro capo spirituale. Sultan si adeguò. Un giorno fu chiamato per filmare la semplice vita del patriarca di modo da poter dare un segnale di umilità al popolo. Ma mentre era intento alle riprese successe l'imprevedibile: un attentato a Khomeini con tanto di sparatorie con morti e feriti. L'Ayatollah fu salvato dalle sue guardie del corpo, molti rivoltosi furono arrestati e con sommari processi, condannati a morte per impiccaggione. Sultan riuscì a scappare e con altrettanta fortuna uscirà dall'Iran e con rocambolesche vicissitudini risucì a giungere in Olanda dove chiese e ottenne lo status di rifugiato politico. Da quì tutta una serie di episodi, bellissimi, descritti con maestria da un autore supremo. Il lettore viene accompagnato a conoscere la vita di Sultan in Europa dove iniziò a lavorare in una rete televisiva di caratura mondiale. Venne richiesta in molte università la sua presenza per portare testimonianza della vita politica del suo Paese. Venne pure invitato negli U.S.A. dalle comunità iraniane. Lì approfittò per cercare la cugina e di Braccio Mozzo dato che aveva saputo che si erano rifugiati in America. L'incontro fu commovente fino alle lacrime, specialmente quando scoprì che la prima dei tre figli che la coppia che aveva avuto era frutto della violenza che la cugina aveva subito. Il riento in Olanda lo cambiò, tanto da fargli scegliere una vita molto ritirata e pregna di meditazione. Nei carteggi che l'autore ha rimesso in ordina, non si dimentica che nella fattoria che aveva rilevato da un'anziana coppia, viene circondata e accompagnato dai suoi angeli custodi, jinn, e da una figura femminile alla quale nel giorno del loro inevitabile distacco per far sì che questa donna s'incamminasse nel suo sentiro, le regalò un paio di babbucce gialle. Sultan conclude che in Olanda era arrivato alla fine di un lungo sentiero. Un sentiero cominciato da piccolo nel suo paese con una piccola macchina fotografica che produceva scatti in bianco e nero. Sembra aver narrato una storia, ma cari lettori, non c'è molto altro, bensì tutto da rielaborare dopo che avrete letto quest'altra perla di uno dei maggiori autori contemporanei. La scelta della narrazione a 'salti' e voluta propositamente, solo per omaggiarvi qualche indizio.


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L'autore

Nato ad Arak nel dicembre del 1954, lo scrittore iraniano è rifugiato politico in Olanda dal 1988. La casa della moschea scritto in olandese, come tutti gli altri suoi romanzi, è stato votato come secondo miglior libro mai scritto in lingua olandese.

 

Il libro

Titolo: Il sentiero delle babbucce gialle

Edizioni: Iperborea

Pagg.: 410

Prezzo: € 19,50 (In e-pub € 9,99)

Valutazione: Potente