«QUELLO CHE VEDI, SCRIVILO IN UN LIBRO»1
A cura di Mario Marchisio
L'Apocalisse di San Giovanni, scritta a Patmos verso la fine del primo secolo, è un capolavoro teologico con cui si conclude il canone del Nuovo Testamento. Le sfolgoranti, sublimi, tragiche immagini che l'intessono non potevano certo lasciare indifferente la fantasia di pittori, scultori e poeti. Dall'alto Medioevo al Novecento le testimonianze in tal senso sono state innumerevoli.
Confluisce in questo fiume vertiginoso anche il poemetto di Dario Capello, intitolato Dove tutto affiora2, undici componimenti in versi liberi nei quali il poeta torinese accantona la sua officina abitualmente centrata sul mondo quotidiano posto sotto il microscopio di un'ironia metafisica e si lascia travolgere dal libro bianco e scarlatto3.
Il coinvolgimento di Capello, va precisato subito, non include la dimensione più scopertamente religiosa del testo giovanneo. Leggendo Dove tutto affiora non troveremo infatti né i martiri benedetti dall'Agnello né la «guerra in cielo» fra angeli fedeli ed angeli ribelli a Dio, né le auree mura della Gerusalemme celeste o lo stagno infuocato in cui precipita Satana. Perché? Risponderei così: «la parola detta per sempre, più vicina / al sibilo», la parola apocalittica (rivelativa) nel senso in cui l'intende Capello, è anzitutto la parola della poesia: grazie ad essa incontriamo «Tutta la vita sfociata nei volti/ che la scrittura ricopre».
Nell'eterno presente divino-umano della creazione poetica («viene un'ora ma è sempre adesso») hanno fatto irruzione le immagini abbaglianti del veggente di Patmos, nutrendo anche lo slancio del nostro autore. Non sembri riduttivo ciò che affermo: l'essenza poetica del libro sacro ha contagiato felicemente Capello, ispirandogli queste variazioni apocalittiche in cui però - a differenza che nell'agiografo - non sono in gioco la salvezza e la dannazione eterna, ma quella particolare forma di salvezza (immanente?) che deriva dall'aver compiuto il proprio dovere letterario: «Noi debitori di un senso all'eterno / capofitto / di questo e di tutti i fuochi».
Ciò premesso, diventa allora un'impresa non agevole ma di sicuro fruttuosa leggere e rileggere le strofe di questo poemetto, scovando le citazioni bibliche incastonate nei suoi versi, severi ma dal significato via via più perspicuo.
Ne fornisco qui alcuni esempi: «Ecco, il giorno grande, dell'ira4 / e il nome della stella: Assenzio»5; «La ricorda così. Una donna / con gettato addosso il sole»6; «[...] questa è la morte / quella seconda, quella // che si pensava lontana»7; «Ecco, il cavallo rossofuoco»8; «[...] l'istante non finirà mai / di squillare con la tromba, la settima»9; «sopra uno strano mare rigido di vetro / dove l'acqua non bagna»10; «Ecco, faccio nuove tutte le cose11 / indeclinabili, il principio e la fine»12.
Per un confronto con autori coevi, richiamerei l'attenzione del lettore su Giovanni Ramella Bagneri13, poeta "apocalittico" a tutto tondo, i cui testi rappresentano la versione straripante ed espressionistica di quanto Capello ha realizzato, in un colpo solo, all'insegna della sobrietà e della limpidezza formale.
Note
1 Apocalisse, 1, 11
2 Dario Capello, Dove tutto affiora (Undici variazioni sull'Apocalisse), Alla Chiara Fonte 2009.
3 Cfr. Pietro Citati, Il libro bianco e scarlatto, in: La civiltà letteraria europea, Mondadori 2005.
4 «[...] nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello, perché è venuto il gran giorno della loro ira» (Ap. 6, 16-17).
5 «Il terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia [...] La stella si chiama Assenzio» (Ap. 8, 10-11).
6 «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi» (Ap. 12,1).
7 «Ma per i vili e gli increduli, [...] gli idolatri e tutti i mentitori, è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte» (Ap. 21,8).
8 «Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato il potere di togliere la pace dalla terra» (Ap. 6,4).
9 «Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano: "Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo"» (Ap. 11, 15).
10 «Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo» (Ap. 4,6).
11 «E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"» (Ap. 21,5).
12 «Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine» (Ap. 21, 6).
13 Dalla vasta produzione di Ramella Bagneri (1929-2008) è stata tratta l'antologia Armagheddon e dintorni, Insula 2011.